Chuck Close

Chuck CLOSE
5 luglio 1940 - Monroe, Washington USA
www.chuckclose.coe.uh.edu

"Ma figurati, questa è di sicuro una foto!". Mentre commento l'immagine, tengo sulle gambe la rivista di Angelo, ancora incredulo alle sue parole che mi invitano ad un parere.
Angelo ha una galleria d'arte a Roma, quindi per lui - abituato com'è a trattare arte e business quasi alla stessa maniera - Chuck Close non è soltanto uno dei tanti iperrealisti cresciuti artisticamente alla fine dei '60, ma è, anzittutto, uno dei pochi viventi che quota le sue opere a cifre che superano tranquillamente i due milioni di dollari. 
"Sei sicuro? Guarda meglio!". Il germe del dubbio si insinua. Ok, mi impegno a guardare meglio: il fumo della sigaretta, la barba incolta, il riflesso degli occhiali... Foto, di sicuro. Poi mi decido a leggere l'articolo che tratta, nel dettaglio, la tecnica impiegata per dipingere l'opera intitolata "Big Self-Portrait", una grande tela di 3x2 metri. Acrilico e aerografo.  
"Cosa? Ma come caz... ma è veramente un dipinto?". Solo allora mi rendo conto di avere sotto gli occhi un'immagine che ha l'effetto di una visione. Così accetto, frastornato, l'idea che quello che sto guardando è un dipinto in forma di foto. O viceversa, perchè tanto è uguale.
In alcune sue opere la scomposizione/ricomposizione delle immagini, formate a loro volta da altre immagini, è una tecnica affascinante. L'opera d'arte si compone di tante piccole opere d'arte, che si integrano e trovano il loro significato nell'insieme, pur conservando una propria identità singolare. Come una metafora della natura, Close mima il percorso della luce che, imprimendosi nell'occhio, incide ed eccita le reti neurali. Scompone la fisica della percezione visiva in diverse metafore che, a loro volta, diventano diverse tecniche, come capitoli del diario di viaggio della luce verso la sua meta. Una vivisezione topografica di questo viaggio e del suo farsi carne nel nostro cervello e poi di nuovo luce nella nostra mente.
E' il racconto di come la percezione visiva si appropria dell'immagine e di come, miracolosamente, la crea.

© paroleopache


Chuck Close: A Portrait in Progress



Bob
[1970, synthetic polymer paint on canvas, 275x213,5 cm.]


Big Self-Portrait
[1967-68, acrylic on canvas, 273x212 cm.]

Alex Reduction Block
[1993, reduction block, 79,3/8x60,3/8 inches]

Emma
[2002, 113 color woodblock Ukiyo-e print, 114,3x88,9 cm.]


Frank
[1969, acrylic on canvas, 274,3x213,4 x 7,6 cm.]


Janet/Pulp
[2007, stenciled handmade paper print, 119,9x97,8 cm.]

Leslie
[1973, acrylic on canvas, 184,2x144,8 cm.]
 

Lynda
[2004, oil on canvas, 275,6x213,4 cm.]
 

Lynda
[1975-76, acrylic and pencil on canvas, 108x84 inches]

Lyle
[2003, 149-color silkscreen, 65,1/2x53,7/8 inches]